Conosciuto dal grande pubblico grazie alla serie Gomorra, l'attore e regista campano ha una solida carriera teatrale alle spalle che vede collaborazioni con Tony Servillo e Francesco Ghiaccio. Nipote d'Arte dal quale ha preso la passione per la recitazione.
Per il suo esordio alla regia, l’attore Marco D’Amore è alle prese con un testo del drammaturgo statunitense David Mamet. In scena attualmente al Teatro Piccolo Eliseo di Roma, lo spettacolo è accolto con favore dal pubblico romano.
Un testo che mancava da tempo nei teatri della capitale e che D’Amore ha accostato per musicalità alle sue origini, che rappresentano anche il pilastro del teatro italiano. D’Amore ha già un curriculum corposo tra esperienze teatrali, televisive e cinematografiche.
American Buffalo è la dimostrazione che l’aggregazione culturale è non solo possibile ma sviluppa nuovi linguaggi drammatici.
American Buffalo. Mamet ha fatto un viaggio ed è arrivato a Napoli. Come sei riuscito a fondere due culture artistiche così diverse?
La fusione era il risultato sperato. Ho cercato di costruire un ponte di raccordo che rispettasse i due mondi. Il linguaggio dell’autore è un linguaggio soul, quello di un’umanità che vive al margine. I tre personaggi sono personaggi di strada. Per biografia e mia fortuna sono partenopeo, e si sa che è la ‘lingua’ teatrale per eccellenza. Il testo è molto musicale e la fusion con il napoletano moderno non è stata complessa. Mi sono affidato ai suoni ed alla forza delle parole.
Chi è il tuo personaggio in scena e se è rimasto fedele al carattere originale.
I profili sono stati rispettati, non ci sono modernizzazioni in quanto il testo stesso è giovane. Il mio personaggio è Teach, l’insegnante. Una grande responsabilità nei confronti di chi mi ha preceduto, nomi piuttosto importanti come Dustin Hoffman ed in Italia, Sergio Rubini e Luca Barbareschi.
Che differenze ci sono tra il Teach e Ciro di Gomorra?
Ciro ha avuto un’infanzia formativa e definita, è un criminale che conosce le regole del crimine, le governa. Non a caso è soprannominato l’Immortale. Il Prof. È un miserabile, un contraffattore di parole, vende quello che non sa fare. Sono due personaggi totalmente diversi.
Sei regista e attore in scena. Vorrei sapere se è stata una tua scelta e se prevale la difficoltà di stare sul palco o lo stimolo di assistere allo stesso tempo anche dalla platea.
E’ stata una scelta. Sono stato chiamato su commissione per la regia ma ho voluto assumermi questo impegno gravoso si ma estremamente stimolante. Non ho incontrato difficoltà particolari nel gestire entrambi i ruoli, mi sono affidato ad uno dei miei collaboratori, Rocco Giordano, nel momento in cui dovevo lavorare sulla regia. Lui ha preso il mio posto in scena e questo mi ha consentito di vedere l’insieme ed allo stesso tempo, di vedere ‘me’ in quell’insieme.
Hai iniziato giovanissimo a teatro. Avresti mai pensato di raggiungere così tanto presto la notorietà? Dico notorietà in forma di augurio per successi ancora più grandi.
Sembra scontato e banale dirlo ma ci troviamo sempre in bilico tra umiltà e vanità. Quello che io voglio è saper fare il mio mestiere perché è quello che avrei voluto fare da piccolo e la scelta non era certo dettata da fama e notorietà. Oggi sono strafelice per le fortunate coincidenze che mi hanno dato un appuntamento quotidiano con la gente. Di questo mi sento immensamente grato perché i professionisti sono quello che fanno. Avere la stima di un pubblico che mi segue oltre a rendermi orgoglioso mi fa pensare che per loro, devo guadagnarmi la stima ogni giorno.
Quali saranno i tuoi prossimi impegni?
A breve uscirà in tv la terza stagione di Gomorra ed un film che ho girato insieme a Claudio Santamaria che si intitola ‘Brutti e Cattivi’. E’ prevista in estate la partecipazione ad un altro film e si proseguirà, nella prossima stagione, con la tournée di America Buffalo.